"Il coraggio di guardare la realtà"

Il titolo del post è virgolettato in quanto "mutuato" dall' editoriale apparso ieri sulla stampa del direttore Mario Calabresi. E' semplicemente bello e dopo lo condividerò. 

Ad esso aggiungo anche un mio breve "editoriale". 
In questi giorni a Ventimiglia, pochi km dalla mia città, assistiamo ad una piccola parte di una grande emergenza umanitaria. Strumentalizzazioni politiche, mobilitazioni di associazioni che portano il loro aiuto, polizie di frontiera, difficoltà logistiche, tensioni. 

Da dire ci sarebbe tantissimo, potrei partire dagli albori della storia dell'uomo ma oggi non servirebbe. Quello che credo sia giusto sottolineare è che così non può funzionare! 
Se appellandosi ad un trattato di Dublino ormai superato i paesi europei rifiutano di fare a pieno la loro parte, a non funzionare è l'Europa. 
Nella contingenza a preoccuparmi è l'Italia. 
Uno stato, quello italiano in progressiva de-costruzione. Con una preoccupante assenza di valori diffusi, con una socialità minimale, con una latitanza di regole comuni e con la tendenza di infrangere quelle poche regole cercando un vantaggio personale ...insomma, una nazione con dei valori comunitari ridotti al lumicino. 

Attenzione, non mi riferisco a doveri di ospitalità o accoglienza. Non è questo il tema. Il problema vero a mio modo di vedere è che in un'Italia che stato non è , le migrazioni generano tensioni che non siamo in grado di sopportare, che sfociano in razzismo, nel peggior populismo, nella strumentalizzazione e nella radicalizzazione del pensiero: una divisione tra i giustizieri dell'identità italiana, paladini dell' "aiutiamoli a casa loro" ( eh si, lo abbiamo "ben" fatto fino ad oggi...) fino ai naif delle "porte aperte per tutti sempre e comunque".
Sono due modi di vedere opposti ma che, in uno stato de-costruito come l' Italia,  hanno in comune il "piccolo" difetto di generare un circolo vizioso: l'  intolleranza. 
Aggiungo qualche foto dell'importante contributo che, nel caso specifico, la Caritas sta fornendo sul luogo. Ringrazio Serena per le immagini. Un Grazie a tutte le altre associazioni che si sono attivate per portare il loro aiuto.

Lascio la parola a Calabresi.
" Viviamo in un’epoca di semplificazioni assolute, di esagerazioni dettate dalla pancia e di tragica mancanza di buon senso. Un’epoca in cui manca la memoria ma ancor più la razionalità, non si tiene più conto di numeri, proporzioni e contesti. Non si capisce che la complessità non si affronta e non si risolve con i proclami ma con un lavoro faticoso in cui l’egoismo dei singoli (siano essi Stati, Regioni o Comuni) rischia di essere letale. 

Lo scorso anno sono arrivati dal mare 170 mila migranti (nei primi cinque mesi e mezzo del 2015 sono 56 mila) e questo ha avuto il potere di destabilizzare un’Unione europea di ben 500 milioni di persone e di mettere in scena un vero e proprio psicodramma. Significa che gli arrivi sono pari a uno ogni 3000 abitanti, ma ogni nazione si è chiusa a riccio, interpretando a suo favore le regole e chiudendo a singhiozzo le frontiere. 

Negli ultimi tre anni in Turchia, nazione con 75 milioni di cittadini, i rifugiati arrivati dalla Siria e dall’Iraq sono stati oltre due milioni: uno ogni 35 abitanti. Duecentomila sono arrivati in pochi mesi solo dall’area di Kobane per sfuggire all’offensiva dell’Isis. I turchi per gestire una migrazione di queste proporzioni stanno spendendo 6 miliardi di dollari l’anno a cui - ci racconta oggi l’ambasciatore di Ankara in Italia - la comunità internazionale collabora con soli 400 milioni. Ma non è il solo esempio della nostra miopia: in Libano si sono rifugiati 2 milioni di siriani, una cifra immensa e spaventosa se si tiene conto che i libanesi sono solo 4 milioni. E’ come se da noi italiani si scaricassero 30 milioni di rifugiati… CONTINUA A LEGGERE.