Voi non sapete nulla e quello che pensate di sapere è sbagliato.E-informazione e responsabilità sociale dei giornalisti
Nell' ultima settimana mi sono ritrovato in diverse situazioni ad affrontare simili argomenti quali ad esempio la superficialità dell' informazione online , che vuoi per format, vuoi per target utenza, ancor piú della carta stampata si presta a mio avviso ad una eccessiva banalizzazione dell' informazione, ad una spettacolarizzazione che non lascia spazio, o almeno quasi mai, ad approfondimenti.
Notizie vincolate ai "mi piace" o al numero di click trasformano giornalisti in account pubblicitari o, a dirla come un mio amico psicologo, in giornalai.
O ancora si è discusso della responsabilità sociale, e morale, dei giornalisti che troppo spesso tradiscono quella che secondo me è una missione ovvero informare le persone, dargli gli strumenti per un agire consapevole, tradiscono per il sensazionalismo distorcendo la realtà dei fatti piegandola ad esigenze di convenienza e di mercato...non accade sempre ma troppo spesso accade. Non dimenticherò mai quando anni fa partecipai ad un incontro a Imperia con Giulietto Chiesa, incontro aperto con una frase che più o meno recitava: voi ( parlava davanti a persone politicamente impegnate, associazioni, insegnanti) non sapete nulla, e quello che pensate di sapere è sbagliato. Non dimenticherò mai quel incipit.
Sulla responsabilità morale e sociale dei giornalisti ci sarebbe ad approfondire, ed è una questione che va oltre l' informazione online ma che abbraccia l' informazione italiana tutta e la sua politicizzazione atavica, ora però quello che mi interessa é condividere un articolo apparso su Wired sulla fine del giornalismo, è interessante e merita una lettura.
L'articolo è apparso su Wired il 5 luglio a firma di Vittorio Zambardino. Ne anticipo qualche riga:
"Ora, se insegui il “percept”, cioè quello che ha successo in rete, non riuscirai mai a farti un “concept” di ciò che narri. E ciò che narrerai sarà la razionalizzazione dei fatti e spesso dei fattoidi narrati da altri. E non riuscirai a farti il concept per il semplice motivo che non ci provi nemmeno: se il tuo problema è poter stimolare il pensiero veloce, il riflesso-click del lettore mobile-only, se l’obiettivo è massaggiare le coscienze, perfino il tuo “giornalismo” di ricaduta è perfino troppo lungo, ampolloso, palloso. Se la gara è a chi stimola la pelle del lettore-utente, allora anche tu perderai. E “i fatti” che racconterai staranno sempre oltre te. Non li indagherai mai, te li racconteranno sempre e tu li ri-racconterai al lettore-nipote. Forse farai molti click e molti like e molte impression (a meno di non parlare di “tricks” da SEO che sono fuori dal mio discorso). Temo che anche così la valanga non ti risparmierà, perché l’idea di ridurre il giornalismo a marketing, non a tecnologia perché qui è quella di Faceboook la tecnologia abilitante, è suicida."
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