Qualche mese fa è mancato Gianfranco Zavaloni; chi è, vi chiederete? E' stato un educatore, un maestro, un dirigente scolastico , uno "contro corrente". Ho trovato questo articolo per caso, mi ci sono soffermato perchè incuriosito dal nome dell' autore dell'articolo, Antonio Vigilante, che avevo già incontrato ( figurativamente) in altri saggi e articoli e mi ha sempre interessato. L'articolo completo appare su Comune.info (leggi l'articolo ).
Io ne estrapolo alcune parti che mi paiono "pregnanti".
" Dirigente scolastico, ma soprattutto maestro di scuola materna, disegnatore, calligrafo, attore, creatore di burattini, animatore
dell’Ecoistituto di Cesena, straordinario sperimentatore delle vie di
una educazione nonviolenta, ecologica, creativa. Mentre la scuola si
avvia a diventare digitale (pur con le solite contraddizioni del nostro
paese: si montano le lavagne elettroniche in aule fatiscenti, in edifici
che spesso non rispettano i più elementari criteri di sicurezza),
Zavalloni ha praticato e teorizzato una scuola analogica: lenta, non
competitiva, alla riscoperta della manualità e del contatto con la
terra".
...
" Oltre alle origini contadine, hanno contribuito a formare l’uomo e
l’educatore Zavalloni le assidue letture della giovinezza. Accanto a don
Milani troviamo gli anarchici Bernardi e Ivan Illich e il discepolo di
Gandhi Lanza del Vasto, oltre a Fromm, a Schumacher ed al giornalista e
scrittore Massimo Fini. Su tutti però prevale ancora un anarchico:
l’urbanista Carlo Doglio, vicino al movimento di Comunità di Olivetti ma
anche a Danilo Dolci. Doglio è per Zavalloni un maestro in senso pieno:
è stato non solo il suo docente di Pianificazione territoriale a
Bologna, ma anche il relatore della sua tesi. Alla fine di una commossa
rievocazione, Zavalloni scrive: «È
vero maestro non quello che ti dice qual è la strada da percorrere, ma
colui che ti apre gli occhi e ti fa vedere le tante strade sulle quali
puoi liberamente inoltrarti»
" La strada sulla quale si è inoltrato l’educatore Zavalloni è, come
accennato, una strada che va in direzione opposta a quella percorsa oggi
dai più. Un piccolo sentiero di campagna, si direbbe, poco praticato ma
pieno di sorprese per chi vi si inoltra. È il sentiero di una pedagogia
consapevole delle molte violenze che possono essere giustificate in
nome dell’educazione. L’elogio della lentezza non è un vezzo, ma nasce dal semplice rispetto dei soggetti,
che è il fondamento stesso dell’educazione. In educazione non è
possibile correre e rispettare al contempo la personalità degli
educandi; correre vuol dire fare pessima educazione, o non fare affatto
educazione. Ma noi siamo in una civiltà della corsa.
Non dovrà l’educazione adeguarsi? Se si concepisce l’educazione come
semplice socializzazione, portare l’educando allo stato attuale della
società, senz’altro. Ma gli scopi dell’educazione sono, per Zavalloni,
più complessi. L’educazione è, anche, riflessione critica sulla società e
ricerca di una società migliore, come spiegava don Milani ai giudici.
Non è possibile, oggi più che mai, fare educazione senza fermarsi a
riflettere sulla società attuale, senza chiedersi dove ci sta portando
la strada che abbiamo imboccato con la rivoluzione industriale (e poi
informatica). Zavalloni è tra quelli che ritengono che sia necessaria
una svolta, che la civiltà industriale e capitalistica, con la sua ansia
produttivistica, ci abbia condotti in un vicolo cieco, dal quale sarà
possibile uscire soltanto ripensando criticamente i fondamenti culturali
e psicologici del mondo attuale".
....
" Da dirigente scolastico, Zavalloni è stato un uomo inserito in questo
sistema. Ma ha anche mostrato come è possibile aprirlo dall’interno,
inserire in esso logiche nuove, approfittando di ogni spiraglio. Così
per i voti. Dal momento in cui vengono introdotti i voti, osserva,
accadono due cose: i bambini fanno le cose non più per piacere, ma per
il voto, e nasce la competizione. Ma non è proprio possibile abolirli?
La sua risposta è sì. Non si parla, in fondo, di scuola
dell’autononomia? E a cosa serve, l’autonomia, se non a fare scelte
autonome, anche coraggiose? È ben possibile, nella scuola dell’obbligo,
«provare strategie di cooperazione didattica e di tutoraggio che possono
far scomparire, ad esempio, il fenomeno della concorrenza e della
competizione» (Zavalloni 2010a, 67)".
" Per Zavalloni i compiti andrebbero aboliti durante le vacanza (e ai suoi
maestri manda una lettera che suona come avvertimento: se si
ostineranno a dar compiti agli studenti, sappiano che ci sono «alcuni
lavori che possiamo fare benissimo insieme nel periodo delle vacanze
pasquali»: Zavalloni 2010a, 85), ma soprattutto vanno ripensati. Gli
esercizi ripetitivi possono essere fatti in classe (lì dove, occorre
notare, lo studente potrà essere seguito – come è giusto che sia –
dall’insegnante, senza che nello svolgimento dei compiti pesi dunque il
fatto di avere genitori con la laurea o con la licenza elementare); per
casa, si possono assegnare attività interessanti, piacevoli e
soprattutto creative, che lo studente faccia senza avvertire alcun peso.
Quanto al setting dell’aula, come dirigente scolastico Zavalloni aveva richiesto banchi e sedie rispettosi al tempo stesso degli studenti e della natura.
E dunque: sedie e banchi ergonomici in legno massello, con i banchi
progettati in modo da poter essere uniti per formare un tavolo unico.
Poiché banchi e sedie simili non erano in commercio, sono stati
appositamente progettati e prodotti da una azienda locale: un esempio di
come sia possibile ripensare la scuola dal basso anche strutturalmente,
invece di rassegnarsi all’insensato setting tradizionale".
Vuol dire imparare a
fermarsi e ad aspettare: in una parola, a rispettare. E forse nulla è
più urgente da imparare, per i bambini e per gli adulti che insegnano ai
bambini".